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Dicembre '23

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La manifattura Chini: indicazioni di un antiquario (qualcosa che non leggerete sui libri)

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La manifattura Chini: indicazioni di un antiquario (qualcosa che non leggerete sui libri)

Chi volesse approfondire la propria conoscenza della figura di Galileo Chini, la sua storia, la sua espressione artistica, oppure quella della Manifattura Chini -per non parlare dello stile Liberty con tutti i suoi nomi e tutte le sue declinazioni- potrà contare su un’ampia letteratura di studi e testimonianze.
Anche dal punto di vista del repertorio iconografico esiste una soddisfacente quantità di materiale.
Sebbene non si possa contare su un catalogo di fabbrica dei modelli dei primi anni di attività, esistono infatti svariate pubblicazioni legate alle esposizioni di collezioni permanenti e non, che offrono uno spettro abbastanza ampio per poter conoscerne la cifra stilistica.
Quale ulteriore spunto potrebbe quindi essere ancora utile offrire per avvicinare all’acquisto di una ceramica Coloro che ambissero anche a possedere e non solo ad ammirare un’opera di Chini?
In seguito ho provato ad enucleare alcune considerazioni più “di mestiere” che accademiche, funzionali forse ad un inquadramento di settore, per così dire.

La maiolica Liberty

In campo ceramico L o stile liberty Italiano nasce proprio a Firenze grazie alla straordinaria sensibilità di Galileo Chini che prima di chiunque altro seppe captare e sintonizzarsi con le tendenze del nuovo gusto che andava diffondendosi in Europa.
La Toscana, complessivamente ha dato in questo frangente storico della produzione ceramica nazionale, un contributo assai generoso; seguendo l’esempio di Galileo che è precursore assoluto, avviano infatti una produzione in stile liberty varie manifatture, tra cui:
Ceramiche Salvini, Egisto Fantechi, Società Ceramica di Colonnata, Florentia Ars, Scaf, Sifma e la stessa Ginori (appena divenuta Richard Ginori).
Ci sono oscillazioni nel valore qualitativo tra le varie manifatture ma in generale il livello è alto e gli esemplari sono piuttosto ricercati.
La Ginori produce come sempre maioliche di gran pregio ma il suo è un liberty considerato ibrido in quanto le forme dei vasi restano quelle classiche e la decorazioni è di sapore più squisitamente preraffaellita.
Diverso il caso della Cantagalli che ha una produzione limitatissima e di alto valore con forme aggiornate al gusto Art Nouveau, esaltate dai lustri metallici e che poco o niente devono al Chini.
Quasi tutte le manifatture elencate avevano alle spalle una tradizione artigianale di tipo classico o talvolta affiancavano alla produzione di tipo liberty maioliche in stile storicistico. Oggi c’è una netta differenza di valore tra queste due produzioni a tutto vantaggio della linea Liberty, non soltanto perché estremamente più rara da reperire ma perché genuina testimonianza di un momento di straordinario fermento artistico.

Inquadramento e quotazioni

In linea di massima, se si paragonano tra loro oggetti di stessa entità e proporzioni, i prezzi delle maioliche Chini sono molto superiori a quelli di tutte le altre manifatture toscane citate con un necessario distinguo per la manifattura Salvini, i cui prodotti sono assai rari da reperire e sebbene abbiano un mercato davvero molto ristretto, riescono a spuntare cifre ragguardevoli.
Come primo criterio possiamo fare una distinzione in base alla materia: in tal senso e in linea puramente generica si può considerare la produzione del gres salato come la meno costosa; viceversa il lustro metallico è sempre da considerarsi la finitura più pregevole e il massimo valore tecnico aggiunto per la maiolica.
Un secondo parametro di valutazione è offerto dal marchio, che implica anche una connotazione epocale e stilistica.
In linea di principio, si tende ad accordare una preferenza che segue l’ordine cronologico di produzione. Dunque il primo marchio, quello relativo al periodo Arte della Ceramica, ossia la melagrana, che può essere sovraimpressa a rilievo (fig. A), incussa nella pasta (fig. B) o dipinta (sempre in blu sotto vernice) (fig. C) è sempre molto apprezzato; ancora di più se ad esso si accostano le manine dipinte in blu sottovernice, simbolo dello spirito di fratellanza che animò i soci fondatori ai loro esordi (fig. D). Tale ulteriore segnatura permette anche la datazione certa dei pezzi al primo biennio di attività 1896-1898 ; dopo tale data gli umori interni alla ditta cambieranno e le manine scompariranno per sempre. È quindi indice di arcaicità oltre ad accompagnare pezzi molto connotati stilisticamente da una prima impronta di stile floreale più naturalistico.

Di poco successiva (1902) e non dissimile, sempre con prevalenza di tonalità chiare è la produzione che vede affiancata la scritta Fontebuoni alla melagrana e segna il primo trasferimento di località della fornace. (fig.E)

Fig. E

Diverse marcature con la graticola di San Lorenzo scandiscono la successione epocale dopo il secondo trasferimento della manifattura a Borgo San Lorenzo; si intensifica la produzione del grés, la tavolozza si fa più scura e nell’orientamento stilistico confluiscono le suggestioni esotiche che Galileo riporta dal suo viaggio in Siam (ma la partecipazione attiva di Galileo flette a partire dal secondo decennio e dal 1925 lascerà per sempre la ceramica).

Certo esistono ancora esemplari di pregio, a volte addirittura di grande impatto anche nella produzione più tarda, sotto la direzione artistica di Tito e Augusto Chini, sebbene non soltanto le personalità siano diverse, ma anche il gusto è cambiato e il sapore Liberty dei vasi dalle sagome avvolgenti e sinuose e dalle rappresentazioni oniriche cede il passo alla compattezza delle forme, alle monocromie e il rigore di impronta Decò.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è la rarità (della forma o del decoro). Questo criterio è un indice di valore e di interesse valido per qualsiasi tipo di oggetto di antiquariato e non si dura nessuna fatica ad applicarlo al collezionismo delle maioliche Chini. Poiché si tratta di prodotti di una piccola manifattura e non di un’industria, la “tiratura” della maggior parte dei modelli in multipli è stata limitatissima e imbattersi nello stesso soggetto è occasione assai rara. Tuttavia la merce “gira” come si dice in gergo e nel corso dei decenni grazie alle mostre tematiche e alle pubblicazioni, si conosce molto di ciò che è stato prodotto. Per raro oggi, cioè particolarmente ghiotto e attraente per il collezionista, si intende una figurazione ancora sconosciuta, del tutto inedita.

Un ultimo parametro da stimare sono le dimensioni; queste in antiquariato hanno un valore non sottovalutabile, anzi talvolta il valore dell’oggetto cresce in maniera esponenziale con il crescere delle sue proporzioni. Molto spesso -ma non sempre- si tratta dei pezzi più importanti, anche con funzione di rappresentanza.
Questo aspetto di pregio può sommarsi agli altri già elencati o controbilanciarne l’assenza.
Un pezzo con aspirazioni monumentali da parte dell’artista anche se dipinto in epoca successiva può quindi essere molto più significativo di uno di primo periodo. D’altro canto un piccolo oggetto, per quanto minuto, può essere tanto perfettamente compiuto da essere un vero gioiello.
In definitiva quindi, fatti salvi alcuni principi base di valutazione, ogni oggetto va considerato di per sè, nella sua unicità, soprattutto per il livello qualitativo raggiunto. Spesso per me un buon criterio è cercare di capire quanto il risultato finale sia stato corrispondente all’aspirazione del creatore; bisogna ricordarsi che l’artefice occulto di ogni ceramica è il fuoco e il suo contributo è imprevedibile all’artista.
Questo vale particolarmente per la produzione ceramica della manifattura Chini che non era un complesso industriale ma una piccola realtà artigianale e nella maggior parte dei casi i manufatti risultano tecnicamente imperfetti. Non solo ciò va accettato, ma va riconosciuto che in ciò risiede parte della fascinazione che esercitano.
Al di là di circostanze fortuite si può pensare a cifre che partano dagli 800/1000 euro per un piccolo grès aggraziato e dai 2000 euro per una maiolica pregevole di piccole dimensioni e salire fine a svariate decine di migliaia per i pezzi più emblematici.

Esistono i falsi?

Il tentativo di contraffare la materia che ha valore per trarne profitto è una pratica antica quanto l’uomo e certamente una delle peggiori piaghe nel mondo dell’antiquariato. È un rischio sempre latente ma la buona notizia è che non in tutti gli ambiti è parimenti praticato. Esistono manifatture storiche i cui prodotti sono tecnicamente abbastanza facili da replicare anche con le tecniche moderne. Un triste esempio sono le maioliche di Richard Ginori su disegno di Giò Ponti. Il buon antiquario e il collezionista accorto avranno certamente gli strumenti per discernere i loro acquisti ma ciò non vale per tutti e non impedisce che il mercato venga inondato e per sempre inquinato da questa produzione falsa e mistificatoria.
Non è il caso della manifattura Chini!
In questo caso si tratta di una produzione artistica molto complessa da replicare, sia nelle forme che nella decorazione. Di fatto tutta la produzione a lustro richiede competenze tecniche tali da renderla inimitabile; un po’ sbrigativamente si può dire che se esistesse facilmente una tale maestrìa, esisterebbe un’altra manifattura Chini (!)
La produzione stilistica che ha forse uno schema compositivo più facilmente replicabile è la prima, non a lustro, principalmente caratterizzata dal classico profilo di donna ed elementi floreali.
Questa produzione tuttavia ha già 130 anni (che su un oggetto si dovrebbero percepire) e non tutti i decoratori di oggi , per quanto abili imitatori, hanno la mano di Galileo nè gli smalti di oggi sono gli stessi di allora.
Io mi sono imbattuto soltanto una volta in un piatto da parata falso di questa tipologia con un decoro celebre, marcato con la melagrana. Era assolutamente nuovo ed era stato immesso sul mercato con intento fraudolento. La cosa non ha preso piede perché forse si è arrivati vicini alla tana del lupo; questo caso, di una ceramica commissionata in stile e marcata Chini, è francamente l’unico che mi sia capitato. Tuttavia in qualche altra rara occasione ho potuto osservare il tentativo di apporre su altre ceramiche d’epoca liberty, anche non italiane, (ovviamente a freddo e maldestramente) un marchio Chini (Figg. L, M)
In questo caso riconoscere il falso è relativamente semplice poiché niente davvero coincide con l’originale.

Fig. L
Fig. M

Più insidioso fu un ultimo caso in cui trovai impressa la melagrana in una colata materica che costituiva il nuovo (doppio)fondo del vaso. Una trovata ingegnosa…
Per quanto questo elenco possa intimorire, si tratta solo del bagaglio esperienziale abbastanza nutrito di chi da quasi 30 anni approfondisce con passione la conoscenza di questa manifattura e ha avuto la fortuna di maneggiare davvero molti pezzi. Come già detto, questa gloriosa manifattura non è stata fatta oggetto di falsificazione seriale e la maggior parte dei (pochi) esemplari presenti sul mercato sono assolutamente genuini.

Da anni scegliamo tra le collezioni private del nostro territorio le maioliche da proporre ai nostri clienti e presso il nostro negozio abbiamo sempre esemplari meritevoli di attenzione.

Chi volesse venire a scoprirli ci può trovare presso
Expertise di Marzio Cinelli
Via Romana 138 rosso
50125 Firenze